A.D.R.
CASI PRATICI
IL CASO MARVEL
La Marvel Comics, società editrice, tra le altre cose, de "L'Uomo Ragno", agli inizi degli anni '90 se ne esce con un nuovo fumetto intitolato Hell's Angels, apparentemente ispirato a quel gruppo di motociclisti barbuti e tatuati che, con corredo di borchie ed elmetto prussiano, impazzano per le strade della California. Risentiti dell'utilizzo commerciale senza autorizzazione del proprio nome e della propria immagine, gli Hell's Angels citano per danni la Marvel Comics nella Corte Federale per il Distretto Nord della California; la Marvel, dal canto suo, replica energicamente che non pagherà un solo centesimo, sostenendo di non aver violato alcun diritto degli Hell's Angels, ed interrompe la pubblicazione del fumetto incriminato. Per via della notorietà dei protagonisti, l'attenzione pubblica sulla battaglia giudiziaria appena iniziata è tanto alta quanto la stima delle spese legali dei contendenti, 2 Rimesso dal giudice competente ad un conciliatore esterno per effetto delle norme locali di procedura civile, il caso Hell's Angels contro Marvel Comics, Inc. si conclude però in poche ore, quindi a costi legali contenuti, e per giunta in modo soddisfacente per entrambe le parti. Dietro le rispettive, antitetiche posizioni giuridiche in merito alla violazione o meno della intellectual property degli "Angeli dell'Inferno", infatti, il conciliatore incaricato scopre rapidamente interessi ritenuti dalle stesse parti non solo ben più importanti delle posizioni assunte, ma soprattutto non antagonisti tra loro e quindi conciliabili. Per gli Hell's Angels, più che una parte dei proventi della vendita del fumetto, ciò che in realtà conta maggiormente è il riconoscimento pubblico del gruppo e la conseguente titolarità dei diritti sul proprio nome. Notoriamente "cattivi" e spesso convenuti in diversi processi in qualità di danneggianti, gli Hell's Angels non vogliono inoltre lasciarsi scappare l'opportunità di assumere finalmente un ruolo diverso, e magari una volta tanto di vincere. Per la Marvel Comics, invece, l'interesse supremo è sbarazzarsi dei veri Hell's Angels il più rapidamente possibile, come già hanno fatto con quelli di carta; eppure non sembra esserci altra via se non un lungo e costoso processo. Pur consapevole di perdere ingenti somme di danaro per ogni giorno del protrarsi della vertenza e quindi del clamore pubblico, Marvel teme infatti, pagando agli Hell's Angels qualsivoglia cifra (a titolo di transazione o per effetto di una sentenza di condanna) di dare l'impressione di essersi arricchita tramite loro e, al limite, addirittura di foraggiare il gruppo e l'ideale di vita forse più odioso agli occhi dei propri migliori clienti, ossia i padri e le madri di famiglia che comprano per sé (tanto risulta!) il fumetto de "L'Uomo Ragno", e per i figlioletti ogni sorta di oggetto che gli esperti di merchandising della Marvel riescono a mettere sugli scaffali dei negozi di giocattoli. In caso di condanna, Marvel non potrà che ricorrere contro la sentenza, se del caso sino alla Corte Suprema, prolungando la propria agonia; l'alternativa è essere fatti a pezzi dalla concorrenza, già pronta a sferzare la nefanda associazione tra Marvel e Hell's Angels. Dunque, interessi in gioco non antagonisti, come si diceva, che il conciliatore esperto miscela senza eccessiva difficoltà in un accordo transattivo, subito annunciato ad un'affollata conferenza stampa, presenti un dirigente della Marvel, impeccabilmente vestito, ed un massiccio rappresentante degli Hell's Angels nella classica uniforme: Marvel stacca un assegno di alcune decine migliaia di dollari a nome degli Hell's Angels i quali, contemporaneamente, lo girano ad un ente di beneficenza che si occupa di bambini in difficoltà. Da due posizioni giuridiche inconciliabili, ecco scaturire un accordo mutually satisfactory (o win-win), basato sui reali interessi in gioco: gli Hell's Angels ottengono, con l'assegno a loro intestato, la "vittoria" agognata ed un riconoscimento come gruppo; ma anche Marvel "vince", liberandosi finalmente di un ingombrante imbarazzo senza pregiudicare la propria reputazione, per effetto della 3 destinazione finale del danaro versato ad una causa nobile